sabato 2 luglio 2011

la parola si spacca come legno



VI.
C'è una finestra nella notte
con due sagome scure addormentate
brune come gli uccelli
il cui corpo indietreggia contro il cielo.

Scrivo con pazienza
all'eternità non credo
la lentezza mi viene dal silenzio
e da una libertà - invisibile -
che il Continente non conosce
l'isola di un pensiero che mi spinge
a restringere il tempo
a dargli spazio
inventando per quella lingua il suo deserto.

La parola si spacca come legno

come un legno crepita di lato
per metà fuoco
per metà abbandono.

VIII.
Forse se moriamo è per questo? Perché l'aria liquida
dei giorni
scuota di colpo il tempo e gli dia spazio
perché l'invisibile, il fuoco delle attese
si spalanchi nell'aria
e bruci quello che ci sembrava
il nostro solo raccolto?
XIV.
Benedetta tu a distanza
la più innocente tra le cose lontane
nicchia di tavolo e mela

una sfera un piano e contro l'alta fiamma del fuoco
le due forme congiunte a scavare il nitore di un vano.
Nulla in realtà ci chiama
eppure ci accostiamo agli oggetti
quasi fossero gli echi di una voce
l'annuncio indifeso di altre vite.
L'acqua nera, la sagoma del cane contro il molo.
Nessuno può dirli ricordi e fischiare davvero come allora
ma noi vediamo le tre stanze, lo scatto
di chi ancora viveva
e a un tratto gli armadi ci rimandano
un fuoco errante la stella incerta di un viso.

Nulla è compiuto
nulla è ancora profondo.

C'è solo il tonfo di una calce improvvisa
e queste grida tra felci che sferzano le schiene
grida che non capiamo come accade nel buio agli inseguiti.

Alberi, corpi, folate contro i muri.

Basta un gesto: il rovescio di un gomito che spegne una candela.

Di colpo diventiamo ciò che aveva tremato.



Notti di pace occidentale - Antonella Anedda


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